Sono due sorelle. Sono arrivate in Italia dall’Iran per studiare e sono restate a Milano per costruirsi una vita senza dimenticare chi nel loro paese soffre e combatte il regime della Repubblica Islamica. Nastaran e Yasaman Rezae hanno fondato il marchio Pairi Daeza con l’intento di creare una moda bella da indossare, amica del pianeta per l’utilizzo di dead stock e di sole fibre naturali, e soprattutto densa di significati.

Basta navigare un po’ online per trovare le collezioni con tanto di e-shop e il loro account IG, oltre alle molte recensioni positive su ciò che stanno facendo, con Yasaman alla guida creativa e Nastaran che segue il commerciale. Pairi Deaza è uno dei pochi brand visti ultimamente che non solo corrisponde ai criteri di etica e basso impatto ambientale tanto cari al marketing della moda attuale. In quello che fanno c’è una coerenza di intenti e una compattezza di stile che lascia il segno, ti fa venire voglia di indossarli quei capi, di portare in giro per il mondo un messaggio importante. Gli iraniani e le iraniane resistono, combattono per preservare la propria cultura, hanno paura di essere arrestati, torturati, picchiati a morte com’è successo nel settembre dello scorso anno a Masha Amini e io non mi dimentico di loro.

«I ricami che vedi in questa foto vengono realizzati da tribù perseguitate nel nostro paese», mi spiegano Nastaran e Yasaman. Ci siamo conosciute durante l’ultima fashion week milanese e ora siedo a casa di una di loro di fronte a un tea-time alla persiana, raffinato nella sua spontaneità. «Li commissioniamo, proprio come le stampe che sono tutte fatte a mano, poi chiediamo l’aiuto di persone che viaggiano tra l’Iran e l’Italia perché ci consegnino i manufatti con cui poi andiamo a confezionare qui i vari modelli con tessuti italiani».
Assaggio uno dei datteri farciti che mi hanno preparato, scopro la bontà dei loro cachi essicati («Nostra zia li lascia al sole finché non sono pronti»), le ascolto mentre raccontano di un paese che non rivedranno finché non cadrà il governo, dopo che si sono esposte a favore del movimento #womanlifefreedom ideando e concretizzando un corto diretto dal regista iraniano di stanza a Copenhagen Naghmeh Pour. «In Iran-e Man, degli artisti iraniani come noi sparsi per il mondo hanno disegnato ciascuno una sciarpa che rappresentasse i valori del movimento incarnati dalla modella protagonista Valentine », spiegano, prima di chiedere, per favore di nominarli tutti (Ardeshir Tabrizi, Arghavan Khosravi,Hana Shanavaz, Hanieh Ghashghaei, Mahboubeh Absalan, Maryam Keyhani, Maryam Sefati, Mona Danesh, Rahiilzz, Sara Emami, Tala Madani) e di ricordare la loro idea di devolvere il ricavato delle scarf in vendita all’Abdorrahman Boroumand Center che sostiene il movimento.

Domando quanto e come riescano a vendere la collezione. «Sul notro e-shop si possono acquistare i capi, ma facciamo fatica a entrare negli store», rispondono. «Quando raccontiamo la nostra storia, conquistiamo tutti, poi gli ordini arrivano con il contagocce. I buyer prima di comprarti vogliono essere certi che non scomparirai dopo una stagione e che saprai consegnare per tempo. Siamo un progetto indipendente, ma abbiamo consistenza, anche se lavoriamo con dei fornitori così particolari».
Mi informo sui loro cari restati in Iran. «Siamo fortunate ad avere avuto dei genitori che ci hanno trasmesso valori di libertà e uguaglianza. Gli iraniani oggi sono così oppressi che sfidano il regime anche se hanno molta paura, perché sentono di non avere più niente da perdere», dice Nastaran e mentre parla il volto si riga di lacrime. Si scusa e davvero non ne ha motivo. «Non volevo piangere, è che è troppo grande la sofferenza del nostro paese». Pairi Daeza è una piccola collezione molto cool. È costruita facendo attenzione a valorizzare la propria cultura pur mantenendo un accento cosmopolita. Ma soprattutto ha anima. Ed è quello a fare la differenza.
