Fabbrica Bini diventa il format di vendita per la moda indie

Dal 9 al 19 novembre Fabbrica Bini a Milano accoglie nuovamente il format di vendita su invito per marchi di moda indie.

«Se hai un marchio di moda indipendente, troverai sempre molti ostacoli nella distribuzione». È partita da qui Gentucca Bini, stilista, architetta e designer milanese, per ideare Fabbrica Bini, un format di vendita privata su invito pensato per i marchi indie, la cui terza edizione si terrà a Milano dal 9 al 19 novembre nella ex fabbrica di Superga di viale Cermenate, dove Gentucca vive e lavora.

La facciata dell’edificio anni ’30 che Gentucca Bini ha ristrutturato ricavandone spazi per la casa, lo studio e per eventi come Fabbrica Bini, il nuovo format di vendita privata su invito per marchi indie

Nata e cresciuta in una famiglia a metà tra l’architettura, l’alta moda e l’arte, dopo la laurea in architettura e industrial design, Bini entra a Parigi nell’atelier di Pierre Cardin e collabora con Karl Lagerfeld, realizzando per diverse stagioni degli accessori per le sfilate couture di Chanel, mentre in Italia, fa consulenze per Gianfranco Ferré e Blumarine, e, nel 1997, lancia il suo marchio che sviluppa ancora oggi con un approccio anti-convenzionale. Diventa direttrice creativa di Romeo Gigli, di MCM e di Mantero Seta e dal 2014 collabora con Alcantara, senza mai smettere di coltivare la sua indipendenza creativa. «Sono felice della mia condizione, però volevo risolvere quello che, per realtà come la mia, forse è il problema fondamentale», spiega Gentucca.

Un ritratto di Gentucca Bini all’interno di Fabbrica Bini. Photo Emanuele Zamponi

«In giro ci sono molti pop-up shop, ma non sono una soluzione perche non ti permettono di fare sistema», spiega Bini. Quello che lei si è proposta di fare è proprio unire le forze e permettere ai marchi indie di vendere direttamente, evitando i ricarichi delle boutique, ma non solo. «Con questo format, chi partecipa non deve pagare nessuna commissione a noi organizzatori e il ricavato delle vendite arriva direttamente sul conto della società», puntualizza Bini, che aggiunge: «Chiediamo un fee d’ingresso molto contenuto per pagare il personale di vendita, che gestisce tutti i brand presenti, i costi di gestione dello spazio e la comunicazione a cui poi si affianca quella dei singoli, aumentando la cassa di risonanza. In più, il format ha un altro grande vantaggio perché i partecipanti possono finalmente presentare le collezioni con maggiore coerenza».

Un’immagine della seconda edizione, svoltasi l’anno scorso. Photo Gherardo Gaetani

Non si tratta solo di puntiglio artistico, una delle altre grandi difficoltà della moda che non ha alle spalle grandi gruppi è la frammentazione degli acquisti fatti dai buyer. «Quando non hai un tuo punto vendita in cui esprimere pienamente la tua visione, il tuo progetto viene spesso disgregato da un buying a spizzichi che rende complesso il raggiungimento dei minimi di produzione», racconta Gentucca che con Fabbrica Bini ha un obiettivo chiaro: «Attivare un network di designer, con una filosofia simile alla mia». Per questo motivo la selezione dei marchi presenti è stata fatta con un approccio di vera e propria curatela insieme a Monica Dolfini e Milva Gigli, entrambe stylist di alto livello che hanno sviluppato ciascuna un proprio progetto (le borse Malaga4 di Monica e i pigiami con tessuti upcycled Orocrudo di Milva).

Una veduta dello spazio dove si svolge Fabbrica Bini, dal 9 al 19 novembre

Tra i partecipanti, oltre ai già citati Malaga4 e Orocrudo, ci sono naturalmente Gentucca Bini con le sue Uniforms, Vivetta, Mantù, Viola Pisenti, Pairi Daeza, Phaeonia, Carlotta Canepa, Lara Chamandi, Exati, Le petit Chat per la moda e gli accessori, mentre sul fronte home sono presenti Alonpi, Bitossi, L’Antichambre Persane, Rue Herold, oltre al progetto The Bench, firmato da Studio Hamor per Biagini e alle fotografie di Laura Baiardini. E per la prima volta verrà dato spazio anche all’editoria indipendente. «Ci sarà Edicola Bini, con una selezione di libri e zines come Archivio, Alla Carta, Bellissimo, The Greatest Magazine, Eccetera, Sali e Tabacchi, Contorno, The Collector, Toilet Paper, Cap74024», aggiunge Gentucca, prima di concludere con una considerazione importante: «Ora che abbiamo messo a punto e registrato il format Fabbrica Bini, possiamo portarlo in giro per il mondo e aiutare anche designer stranieri a fare sistema».

Cristina Manfredi
Cristina Manfredi

Sono una giornalista di moda e mi puoi leggere su Vanity Fair, Marie Claire, L'Officiel, Style Magazine del Corriere della Sera, F, Affari & Finanza di La Repubblica. Prima di entrare nel mondo del giornalismo, ho lavorato per grandi realtà del settore. La mia passione per il vintage mi ha anche portata, agli inizi degli anni 2000 a partecipare a un allora pionieristico progetto di upcycling. Sono anche docente IED - Istituto Europeo di Design dove insegno Fashion Journalism nei corsi Master.

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